IL CIBO COME PREGHIERA

Spiritualità a tavola

Fin dal primo momento, la vita dell’uomo si realizza mediante l’assunzione di cibo, in presa diretta con la materia del mondo.
L’uomo non vive e non esiste se non attra-verso una relazione diretta ed organica con il mondo, con la materia del mondo.
Non si tratta di una relazione intellettuale e speculativa: l’uomo non è semplicemen-te lo spettatore e l’osservatore, o l’interprete del mondo, bensì colui che lo assume direttamente come cibo, che lo assimila e lo trasforma nel proprio corpo. Soltanto grazie a questa comunione organica con il mondo, si realizza la vita umana.
Nel paradiso terrestre, come dice la Bibbia, questa assunzione di cibo, che garanti- sce all’uomo la vita, non costituisce solo una relazione reale e una comunione con il mondo, ma anche una relazione reale e vitale con Dio. E’ Dio che provvede il cibo per l’uomo, cibo che è indispensabile alla vita, è Lui che offre tutti i frutti e i semi “come cibo”.
Ciascuna assunzione di cibo è un dono di Dio, una ‘benedizione’ di Dio, cioè la realizzazione di una relazione con Lui, della vita in quanto relazione. Questa relazione dell’uomo con Dio non è di tipo morale o religioso, non richiede l’osservanza di una legge, o uno sforzo, o una preghiera, ma è puro dono di Dio. L’uomo può solo ringraziare! Ciò che si realizza come comunione e relazione con Dio è la vita stessa dell’uomo, la realizzazione immediata della vita, cioè l’assunzione di cibo, il bere e il mangiare.
Questa verità delle prime pagine della Genesi la ritroviamo nell’atto ecclesiale dell’Eucaristia, nel quale la relazione dell’uomo con Dio — ristabilita come relazione di vita ‘nella carne’ del Cristo — si realizza di nuovo integralmente nel fatto di bere e mangiare.
L’uomo riprende il cibo — sotto le sue specie fondamentali, il pane e il vino — in un evento di comunione: prende il Corpo e il Sangue del Cristo.
La divina Comunione, la comunione dell’uomo con Dio è di nuovo una relazione di vita che si instaura per il tramite del nutrimento.
L’uomo non attinge la vita nel cibo in sé, ma nel cibo in quanto esso stabilisce una relazione e una comunione con Dio. Egli vede il cibo come un dono di vita che Dio gli offre. Egli trae la vita e l’esistenza dall’evento della comunione con Dio e non dalla capacità che ha la sua natura di sopravvivere in modo effimero grazie alla nutrizione.
Tuttavia questo cambiamento del modo di esistenza passa in ogni caso attraverso l’atto naturale del bere e del mangiare; la partecipazione al modo del Regno non è il passaggio ad un’‘altra’ vita, bensì l’otte-nimento dell’incorruttibilità per questa stessa vita che si realizza come comunione grazie alla nutrizione.
Per questo l’immagine del Regno di Dio nel Nuovo Testamento è spesso quella di un banchetto, durante il quale gli uomini “mangiano e bevono alla tavola” preparata da Dio (Lc 22,30).

  Pavel Florensky

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